Big Data e Privacy

– Di Giuseppe Virgallita

Continua la serie su Big Data e privacy, nell’articolo precedente abbiamo dato un quadro storico dei Big Data e visto già la loro relazione con la privacy.

Continuiamo insieme l’approfondimento!

Il proliferare di dati, dovuto al crescente emergere di nuove tecnologie, metodologie ed opportunità di business, ci pone davanti al delicato problema della privacy.

L’analisi e la gestione dei Big Data comporta, infatti, notevoli criticità dal punto di vista del trattamento dei dati personali e della tutela della riservatezza. Dal punto di vista giuridico è necessario  approfondire le problematiche relative al trattamento dei dati personali, sempre più preziosi ma sempre più a rischio. Questo rapporto fra Big Data e privacy non è affatto semplice ed il Regolamento UE 2016/679 (GDPR), ufficialmente in vigore in Italia dal 25 maggio 2018, ha modificato e reso in parte ancor più complesso lo scenario a livello europeo.

Cosa sono i Big Data?

Secondo la definizione data dal Gruppo di Lavoro dell’Art. 29, i Big data sono “un insieme di un gran numero di operazioni di trattamento dati”. Nello specifico, la crescita a dismisura di questo enorme patrimonio informativo può comportare notevoli rischi per la tutela e la riservatezza dei dati trattati.

Da un punto di vista prettamente aziendale, questo fenomeno implica che i benefici derivanti dall’utilizzo di questa “grande mole di dati” possa essere sfruttata solo a condizione che siano adeguatamente soddisfatte e rispettate le aspettative degli utenti e che sia garantita, in maniera del tutto efficiente, la tutela della privacy. Il Gruppo di Lavoro “Art. 29” ha affermato, altresì, che ai Big Data si applicano tutti i principi fondamentali ispiratori delle normative vigenti in materia di privacy. è evidente inoltre che le caratteristiche intrinseche ed estrinseche dei Big Data richiedano l’adozione di differenti modalità di applicazione dei suddetti principi, al fine di renderli ancor più efficaci, efficienti e adeguati. La logica dei Big Data, ad esempio, si basa sull’accumulo massiccio di dati, mentre il principio di conservazione dei dati per tempi determinati, definiti e strettamente necessari, appare del tutto anacronistico con questa logica.

I dati personali utili a realizzare un progetto Big Data

A fornire una definizione di dato personale ci aiuta il Regolamento UE 2016/679 (GDPR) che definisce dato personale “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile”.

Nello specifico, la Foundation for Accountability Information distingue quattro tipologie di dati personali:

  • Provided Data: forniti consapevolmente e volontariamente dagli individui (ad esempio, la compilazione di un modulo/questionario on line);
  • Observed Data: raccolti in maniera automatica (ad esempio, dati raccolti tramite cookie o sistemi di videosorveglianza collegati al riconoscimento facciale);
  • Derived Data: prodotti o derivati da altri dati in modo del tutto semplice e diretto (ad esempio, calcolando la redditività del cliente dal numero di visite ad un negozio, oppure facendo riferimento specifico agli oggetti acquistati);
  • Inferred Data: prodotti utilizzando un metodo logico-analitico complesso, al fine di riuscire a trovare tutte le correlazioni possibili fra i set di dati e utilizzarli per categorizzare o profilare le persone (ad esempio, calcolare i punteggi di credito o predire lo stato di salute futuro di un soggetto). Questa tipologia di dati si basa su calcolo statistico di probabilità e può essere meno “certa e sicura” rispetto ai dati derivati.

Le tipologie di dati descritte, rientrano tutte nel più ampio “genus” di dati personali e, pertanto, devono essere trattate nel pieno rispetto della normativa sulla privacy.

Big Data e Privacy: i principali problemi normativi

Una volta inseriti nei sistemi, i dati contenuti negli strumenti di storage dei Big Data vengono letteralmente “persi di vista”. Il rischio è che siano utilizzati per scopi e finalità diverse rispetto a quelle previste nelle informative e nei consensi raccolti.

Infatti, il tema della informativa privacy e degli annessi moduli di raccolta del consenso è di fondamentale importanza, perché questi documenti devono essere costantemente adeguati e conformi ai principi normativi di riferimento. Inoltre, un’informativa privacy troppo vaga o lacunosa delle generalità del trattamento, determina la nullità del consenso prestato. Infine, giova ricordare che il gran numero delle fonti informative fa sì che i soggetti interessati abbiano molte difficoltà nella comprensione di come i dati vengono trattati ed integrati fra loro.

E per quel che riguarda le informazioni anonimizzate

Anche le informazioni anonimizzate possono, talvolta, presentare notevoli problematiche. Tramite la fusione di diverse banche dati, infatti, si può riuscire a “re-identificare” un soggetto interessato anche attraverso informazioni all’apparenza anonime. Sovente, dunque, l’anonimizzazione dei singoli dati identificatori univoci non è sufficiente per impedire ed escludere la re-identificazione. Infine, gli algoritmi che vengono applicati nello studio e nell’analisi dei Big Data permettono di analizzare in modo automatizzato banche dati di notevoli dimensioni. Queste procedure di analisi generano nuove informazioni e assai di frequente nuovi dati personali. Per questi motivi, è essenziale che chi intende operare sui e/o con i Big Data, consideri il tema della protezione dei dati personali sin dalla fase iniziale di un progetto, attraverso la preventiva interazione di criteri in materia di tutela, garanzia, custodia e protezione dei dati.

Dinanzi ad un quadro così complesso, le Autorità di protezione dei dati, al fine di tutelare il più possibile i diritti dei soggetti interessati al trattamento, hanno ritenuto opportuno raccomandare alle aziende delle linee guide, riassunte nel seguente elenco:

  • Trasparenza delle attività di raccolta dati, elaborazione, uso e la loro condivisione.
  • Consenso espresso degli interessati all’utilizzo dei propri dati per scopi di analisi o di profilazione.
  • Adozione di misure idonee a tutelare i dati ed a garantirne il controllo.
  • Utilizzo, quando possibile, di dati anonimi.
  • Limitazione delle finalità.
  • Accesso ai dati raccolti dei legittimi titolari.
  • Tutela del diritto degli interessati di correggere/modificare i propri dati
  • Configurare le tecniche e le procedure relative ai Big Data

Le regole, un decalogo:

  • Liceità, correttezza e trasparenza: i dati personali devono essere trattati in modo del tutto lecito, corretto e trasparente nei confronti del soggetto interessato. Occorre sempre valutare se l’utilizzo dei dati personali sia nelle ragionevoli aspettative delle persone, considerando anche i metodi di raccolta e di analisi dei Big Data.
  • Consenso: il trattamento è lecito solo se l’interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità. L’utilizzo dei Biga Data deve essere sempre bilanciato agli interessi del Titolare/Responsabile con quello degli interessati.
  • Limitazioni di finalità: i dati personali devono essere raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modalità compatibili con tali finalità.
  • Minimizzazione dei dati: i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità. Occorre, perciò, predeterminare il tempo di mantenimento dei dati e prevedere sistemi di cancellazione.
  • Esattezza: i dati personali devono essere esatti e, qualora sia necessario, devono essere aggiornati.

A margine delle suddette regole, va ricordato che ogni interessato può esercitare in ogni momento e liberamente i propri diritti, fra i quali la cancellazione, l’accesso, la rettifica, la limitazione, l’opposizione, l’oblio.

Big Data e GDPR

Con l’avvento del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) è cambiato totalmente l’approccio legislativo in materia di privacy. Non sono più previste infatti le “famose” misure minime di sicurezza ed ogni scelta viene demandata al singolo soggetto Titolare del trattamento.

Ciascun Titolare deve tener conto del costo di attuazione, contesto e la natura dell’oggetto, finalità del trattamento, rischi e gravità per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Questi aspetti fanno sì che sia necessario attuare misure tecniche ed organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza coerente con il grado del rischio. Inoltre, devono essere adottate procedure per provare, verificare e valutare regolarmente l’efficacia delle misure tecniche-organizzative, per garantire la riservatezza e la sicurezza del trattamento.

Concludendo, la raccolta dei Big Data pone problemi di sicurezza e riservatezza, a cui il GDPR ha cercato di dare una soluzione. Il GDPR, nel medio periodo, prospetta una grande opportunità, sia per le stesse aziende che per i comuni cittadini. Permette infatti di imparare a gestire ed a trattare i dati personali con maggior consapevolezza.

I Big Data possono benissimo convivere con la Privacy, ma è di importanza fondamentale rispettare l’esplicita volontà del singolo fruitore/consumatore.

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Redazione 6 Luglio 2021 0 Comments

I Big Data nella nostra vita quotidiana

Di Giuseppe Virgallita

Nel linguaggio comune si sente spesso parlare di “Big Data”, ma ancora più spesso non si riesce a darne una definizione precisa ed univoca.

Preliminarmente, occorre precisare che la stessa espressione Big Data è alquanto fuorviante. Nella sua più stretta accezione letterale, l’espressione “grandi dati” richiama alla mente l’enorme quantità di dati disponibili che produciamo durante quasi tutte le attività quotidiane. Tuttavia, le ingenti quantità di dati prodotte non sempre vengono condivise e rese disponibili a tutti.

Ad ogni modo, con Big Data intendiamo un insieme di dati di volume talmente elevato, parliamo di zettabyte, tale da non poter essere gestito da strumenti convenzionali, bensì da tecnologie innovative idonee a raccoglierli e ad analizzarli. L’analisi dei Big Data è poi utile per fare previsioni su modalità di comportamento, indagini di mercato e consumi, così da prendere decisioni più efficienti.

Oltre a ciò, secondo una definizione coniata da IBM, l’espressione big data può essere impiegata sia in riferimento alla grande velocità con cui i dati vengono generati, sia in riferimento alla capacità, peraltro sempre più crescente, di immagazzinarli, elaborarli ed analizzarli.

I big data inoltre sono stati definiti da Gideon Gartner, nel 2001, come “dei mega dati dotati di risorse informative ad elevato volume, velocità e varietà che richiedono forme di elaborazione delle informazioni economiche ed innovative per potenziare la comprensione, la presa di decisioni e l’automazione dei processi”.

E quindi cosa sono i Big Data?

A partire dalla definizione appena citata, si evince che i big data siano dotati di caratteristiche peculiari (le famose 5V). Vediamole insieme:

  • Un elevato volume: il riferimento è all’enorme mole di dati generati ogni secondo. Questa mole di dati non può essere immagazzinata o elaborata dai sistemi convenzionali di gestione dati e richiede, dunque, delle tecnologie speciali e specifiche;
  • Un’elevata velocità: parliamo non solo della velocità con cui i dati vengono generati, ma anche della velocità di “spostamento” degli stessi. Contenuti virali e la loro rapidità di condivisione, oppure le procedure che richiedono spostamenti di dati in millesimi di secondo, come i controlli di sicurezza sui sistemi di credito durante le transazioni;
  • Grande varietà: si tratta delle varie tipologie di dati che vengono generati, raccolti ed analizzati. Questi possono essere strutturati, ossia organizzati secondo schemi predefiniti e dati non strutturati.
  • Veracità: secondo Gartner, i big data possono rivelarsi assai utili per prendere decisioni di ogni specie. Compresa la crucialità dei dati analizzati e processati, si intuisce la fondamentale importanza di effettuare un controllo rigoroso sulla loro qualità.
  • Valore: consiste nella capacità di trasformare i dati in valore. Sempre secondo Gartner, una veloce analisi di grandi volumi di dati consente di prevedere, in un’ottica squisitamente aziendale, il comportamento acquisito dei propri clienti/utenti consumatori e proporre idee, beni e servizi il più vicino possibile alle loro reali esigenze di vita.

Ancora, insistiamo sul voler costruire una definizione di Big Data, vediamone una elaborata da McKinsey nel 2011, e ripresa da molti autori contemporanei. Questa descrive i c.d. “mega dati” come dati “il cui volume è talmente grande, da superare la capacità dei convenzionali strumenti di gestione dati, i quali risultano incapaci di raccoglierli, immagazzinarli, processarli”.

Una definizione simile viene fornita anche dalla casa editrice O’Reilly Media che aggiunge, altresì, che “si tratta di un flusso di dati troppo vasto e che si sposta talmente velocemente da non adeguarsi all’architettura concepita per gli odierni database”. Viene specificato, inoltre, che “per riuscire ad estrarre valore da questi dati, occorre avvalersi di un metodo alternativo di elaborazione”.

Un tuffo nel passato!

Per molti decenni, la raccolta con l’annesso immagazzinamento di grandi volumi di dati è stato appannaggio dei Governi. Il primo dispositivo di elaborazione dati è stato concepito nel lontano 1943, nel pieno del secondo conflitto bellico mondiale, ad adopera del governo britannico per decifrare e decriptare le comunicazioni provenienti dal regime nazista. Colossus, questo il suo nome originario, era capace di identificare dei modelli all’interno di messaggi ad una velocità pari a 5 mila caratteri al secondo. Un’enorme innovazione per quel periodo storico.

Successivamente, nel 1965, il governo statunitense ha creato un data center capace di immagazzinare i dati dei cittadini. Con la creazione e lo sviluppo del Web per la raccolta e scambio dati, però, servivano strumenti tecnologicamente più sofisticati. Ecco apparire, nel 1992, il Teradata DBC 1012, ossia il primo sistema capace di memorizzare, processare ed analizzare grandi volumi di dati, pari ad 1 terabyte.

Nel 2005, poi, Roger Magoulas di O’Really Media viene citato come uno fra i primi ad aver utilizzato il termine “big data”, fino ad arrivare ai nostri giorni dove social come Facebook e YouTube hanno contribuito alla crescita esponenziale dei dati on line generati dagli utenti. Infine, con il crescente sviluppo dell’internet of things sono state raccolte grandi quantità di dati provenienti da ogni tipo di dispositivo, facilitando, in questo modo, l’accesso delle aziende a nuove tipologie di dati che, conoscendo le abitudini ed i gusti dei consumatori, consentono alle stesse aziende di “cucire su misura” ed ottimizzare le soluzioni offerte. Così operando, non aumenta solo il volume dei dati raccolti, ma anche la loro varietà.

Definite le coordinate principali sui big data e fatta la loro genesi storica, occorre ora capire come questi mega dati vengano analizzati. L’analisi dei big data, meglio nota come “big data analytics”, che consiste nell’uso di tecniche di analisi altamente qualificate e settoriali su grandi flussi di dati (strutturati, semi-strutturati, non strutturati), allo scopo di descrivere degli eventi e delle situazioni, identificare dei pattern, delle correlazioni e delle tendenze, così da trasformare i dati in utili informazioni per ottimizzare la presa delle decisioni. Infatti, l’analisi dei big data consente a diverse tipologie di attori (analisti, business e ricercatori) di prendere delle decisioni in maniera celere e basate su dati concreti.

L’esempio di azienda leader che mette a disposizione strumenti di intelligenza analitica capaci di gestire questi dati è Microsoft.

I Big Data sono parte della nostra vita quotidiana…più di quanto immaginiamo!

Nella vita di tutti i giorni, l’analisi dei flussi dei big data può essere sfruttata per i più svariati motivi, come, per esempio, per cause inerenti all’interesse pubblico. Pensiamo alle applicazioni da parte di un organismo governativo sulla sicurezza stradale che, sfruttando le grandi potenzialità dei big data, ottiene dati relativi agli incidenti stradali, utili per guidare la pianificazione urbana e rendere più sicure ed efficienti le strade urbane ed extraurbane. Notevoli volumi di dati vengono usati, altresì, in periodo di elezioni sia per conoscere gli orientamenti, i convincimenti e le abitudini dei cittadini, sia per fare previsioni e stime sull’affluenza elettorale.

Altri esempi di applicazione dei big data li troviamo in agricoltura, nell’istruzione ed in ambito sanitario.

Nel campo agricolo, in particolare, le grandi aziende di biotecnologia riescono oggi, grazie all’analisi del flusso dei big data, ad ottimizzare l’efficienza e la produttività delle coltivazioni. Proprio attraverso simulazioni specifiche di coltivazioni, infatti, vengono monitorate le risposte delle piante alle diverse situazioni climatiche o a delle variazioni dell’ambiente. Sulla scorta dei dati raccolti è possibile adeguare, ad esempio, la temperatura, l’acqua e la composizione della terra, al fine di riuscire ad identificare il microclima ottimale per lo sviluppo delle diverse tipologie di piante.

Nel campo dell’educazione sono stati sviluppati, poi, diversi software in grado di sfruttare dati sull’apprendimento degli studenti per proporre piani didattici “su misura” che si adattino alle loro esigenze. Ad esempio, l’applicazione Knewton fornisce al professore le previsioni sui contenuti appresi da uno studente individuando, sulla base di queste, i moduli più adatti al caso specifico.

In ambito medico-sanitario, infine, le potenzialità dei big data sono grandissime: si pensi a dei sensori particolarmente precisi e sofisticati che vengono inseriti nel corpo dei pazienti in cura, ma anche nei vari dispositivi indossabili come orologi o occhiali. In particolare, orologi altamente sofisticati permettono al medico di monitorare lo stato di salute del paziente, ottenendo informazioni sempre più dettagliate e precise, in modo da poter intervenire se necessario in maniera tempestiva. Infine, una grande raccolta di dati permette, in ambito di ricerca farmaceutica, di produrre nuove tipologie di farmaci e terapie più efficaci.

Big Data e Social Media: quale rapporto?

Una menzione particolare va poi rivolta al fenomeno dei social media che, da diversi anni, occupano la vita di milioni di persone. In particolare, nella vita di tutti i giorni, le persone comunicano e raccontano le proprie esperienze di vita personali, le loro preferenze, i loro gusti ed i loro dubbi sui social network, in vari modi (sotto forma di un testo, commento di una foto, video, messaggio privato o utilizzando gli hashtag).

In una recente intervista, Mauro Vecchio, CMO di Datalytics, ha descritto l’importanza dei big data sottolineando:

“che arrivino in veste di consumatori, spettatori, opinionisti o tifosi, i cittadini digitali scelgono i social per la loro immediatezza e universalità”.

Sotto questo punto di vista, i social media sono diventati fonti preziose di dati, che aziende in diversi settori sfruttano ogni giorno, per ottimizzare i loro prodotti ed i loro servizi e per rispondere in maniera rapida alle esigenze dei consumatori in questi canali.

Lo stesso esperto menziona, a tal proposito, l’esempio delle social tv e di come gli spettatori siano assai propensi a guardare programmi televisivi ed a commentarli su canali social. Questo assunto non è valido solo nel mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento, ma in qualsiasi altro settore dove la c.d. “brand reputation” può essere valutata e monitorata per l’appunto attraverso tutti i flussi di dati degli utenti stessi. Il monitoraggio continuo delle analisi dei commenti e delle conversazioni attorno ad un brand specifico ed ai relativi prodotti, offre all’azienda una vastissima mole di dati da cui trarre spunto sul come migliorare la propria offerta. Infine, conclude l’esperto, sono nate, nell’ultimo decennio, piattaforme apposite che consentono il continuo monitoraggio dei big data derivanti dai social media che, analizzando il pensiero degli utenti/consumatori finali, forniscono informazioni utili al fine di evitare eventuali crisi social che coinvolgano il marchio, i suoi prodotti e la relativa area merceologica.

Privacy e Big Data

Tutto questo proliferare di dati e di nuove opportunità per il mondo del business, delle competenze multimediali e delle nuove tecnologie, ci pone dinanzi al problema della privacy. Affrontare dal punto visto giuridico il fenomeno dei Big Data, ci impone sin da subito di approfondire le numerose problematiche inerenti al trattamento dati personali, sempre più preziosi, parafrasando un antico detto, forse anche più dell’oro e sempre più fonte di rischio. Il rapporto fra riservatezza/privacy e Big Data è sempre più complesso ed il Regolamento Ue 679/2016, il “famoso GDPR” entrato in vigore dal 25 maggio 2018, lo ha reso ancor più complicato a livello europeo.

Beh, abbiamo già dato tante informazioni, che ne dite se ne discutiamo al prossimo appuntamento? 

 

 

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Redazione 18 Maggio 2021 0 Comments

Smart Service Desk: l’automazione nella gestione dell’IT service management.

Iws Consulting presenta il progetto di Robotic Process Automation applicata all’ITSM.

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Redazione 24 Dicembre 2020 0 Comments

Energia pulita? L’Italia risponde: sì, grazie!

di Giorgia Amato, Team Area Analytics.

 

Il cambiamento climatico è oggi tra le sfide più importanti ed urgenti che il mondo intero si trova ad affrontare.

Gli individui sono chiamati a consumare meno, effettuare scelte che siano sostenibili e preferire comportamenti e stili di vita eco-compatibili: ridurre la nostra impronta ecologica è doveroso ed eticamente giusto.

L’atteggiamento dei singoli individui tuttavia è guidato dai processi produttivi e dai pattern di consumo diffuso che governano la nostra economia. L’emissione eccessiva di gas serra nell’atmosfera è tra le cause principali del cambiamento climatico.

Rivoluzionare la produzione e le modalità di consumo di energia, rendere gli impianti più efficienti e favorire la transizione verso l’utilizzo di fonti rinnovabili, risultano essere elementi chiave per garantire un futuro a noi ed al nostro pianeta.

L’Agenda 2030 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile evidenzia la necessità di un acceso diffuso a sistemi di energia economici e maggiormente efficienti, oltre che l’esigenza di ampliare la quota di energia rinnovabile. Vediamo a che punto si trova l’Italia!

Se diano uno sguardo ai dati forniti dalla International Energy Agency, il forum internazionale con focus sulle energie, vediamo la serie storica dal 1971 al 2017 della composizione per prodotto della produzione nel nostro Paese e del consumo finale totale [1].


[1] L’unità di misura utilizzata è il ktoe ossia la chilotonnellata equivalente di petrolio. Si tratta di un multiplo del toe, la tonnellata di petrolio equivalente che è l’unità di misura standard utilizzata per misurare l’energia. Nello specifico è una misura convenzionale e fa riferimento alla quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo.

Fonte: International Energy Agency, 2020
La quota maggiore di energia prodotta in Italia proviene da fonti rinnovabili: trend in crescita sia dal lato della produzione che dal lato del consumo, pur rimanendo in quest’ultimo caso ancora marginale.

Tuttavia, nonostante il ritmo lento l’Italia ha superato per il 2018 l’obiettivo fissato dall’Unione Europea del 17% di impiego delle rinnovabili nei consumi energetici complessivi, come sottolineato dal Rapporto del Gestore dei Servizi Energetici (GSE) mostrandosi dunque virtuosa.

Ma come si compongono i consumi in Italia?

La serie storica dell’Agenzia Internazionale dell’Energia ci viene nuovamente in aiuto mostrandoci che l’industria, il consumo domestico e il trasporto sono i comparti che consumano la quota totale maggiore di energia.

Fonte: International Energy Agency, 2020
Come si concilia la necessità di raggiungere gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e quindi assicurare un consumo più green, con il fabbisogno di energia di questi tre comparti?

La figura seguente ci mostra la ripartizione del consumo di energie provenienti da fonti rinnovabili specificamente per questi tre settori.

Fonte: International Energy Agency, 2020
L’energia proveniente da fonti rinnovabili è per lo più impiegata nel consumo domestico, il quale registra una crescita progressiva nell’uso di questo tipo di energia a partire dal 2014 attestandosi su valori superiori al 75%.

I settori del trasporto e dell’industria, attestandosi attorno a valori del 10% e del 7% rispettivamente, hanno un ottimo margine di miglioramento. Per giunta, è interessante notare che fino al 2003 la quota di energie prodotte da fonti rinnovabili utilizzata per il trasporto era pari a zero.

Vediamo allora il confronto, sempre per questi tre settori, con le altre fonti di energia. Come mostra il grafico seguente il settore dei trasporti è largamente dominato dall’utilizzo di prodotti derivanti dal petrolio, lasciando uno spazio piuttosto marginale alle altre fonti di energia.

L’utilizzo dei prodotti petroliferi ha registrato un calo negli ultimi anni per quel che riguarda sia il comparto industriale che il consumo domestico.

In quest’ ultimo caso l’uso di gas naturale è ancora preponderante, ma l’utilizzo di fonti rinnovabili sta progressivamente aumentando.

Fonte: International Energy Agency, 2020
Dunque, l’Italia sta facendo un ottimo lavoro producendo sempre più energia pulita, affiancando al settore produttivo anche nuovi e virtuosi comportamenti di consumo.

Gli indirizzi di policy risultano centrali: nel 2012 infatti l’Italia ha adottato un decreto, il cosiddetto “burden sharing” volto a definire in maniera chiara gli obiettivi d consumo da fonti rinnovabili per ciascuna Regione al fine di indirizzare l’Italia verso una traiettoria di consumo sostenibile.

Utilizzando il rapporto percentuale tra consumi finali lordi di energia proveniente da fonti rinnovabili e i consumi finali lordi complessivi come indicatore, vediamo che mostra l’andamento di questo rapporto: il dato del 2017 è rilevato, dunque reale, il 2018 rappresenta l’obiettivo intermedio e il 2020 l’obiettivo finale.

La figura mostra che 17 regioni nel 2017 avevano già superato il target previsto dal decreto ministeriale per il 2020. Lazio, Liguria e Sicilia pur non avendo ancora raggiunto l’obiettivo mostrano essere sulla giusta strada.

La Val D’Aosta è la regione più virtuosa, avendo un rapporto percentuale pari all’83%, a fronte per giunta dell’obiettivo intermedio previsto per il 2018 che richiedeva il rapporto fosse “solo” del 51%. La Liguria invece è la regione con il rapporto percentuale più basso, il 7.8% che dovrà quasi raddoppiare in vista dell’obiettivo 2020.

Fonte: Terna, 2020
Quali sono gli sforzi in termini di investimenti in ricerca e sviluppo fatti dal nostro Paese? Confermano la volontà di lasciare l’economia fossile per dirigersi verso un sentiero sostenibile?

Possiamo dire proprio di sì! I settori in cui l’Italia investe maggiormente sono proprio quelli relativi alle energie provenienti da fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Migliorando le performance di consumo infatti una tecnologia diventa più accessibile e la platea degli utilizzatori più ampia.

Interessante vedere che l’Italia mantiene una alta professionalità e competenza nel settore della ricerca e sviluppo per quanto concerne la fissione e fusione nucleare, per il quale la quota di investimenti resta piuttosto elevata.

Fonte: Eurostat, 2020

Nel 2019 l’Italia ha soddisfatto l’88.1% del proprio fabbisogno di energia elettrica con la produzione interna: per lo più coperta dall’energia termoelettrica non rinnovabile (60%) ma anche da una buona percentuale proveniente da fonti rinnovabili, oltre il 39%.

In particolare, il settore eolico ha conosciuto un importante incremento (+14%) rispetto al 2018. La restante quota di fabbisogno è stata soddisfatta dalle importazioni, comunque per un valore inferiore rispetto al 2018 (Terna, 2020).

Per quello che riguarda invece la quota di consumi di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili diamo uno sguardo veloce ai valori % dei Paesi dell’area EU (Gran Bretagna compresa!) per l’anno 2018.

Fonte: Eurostat, 2020

Norvegia, Albania ed Islanda superano quota 90%, addirittura la Norvegia registra una percentuale di consumo di energia elettrica superiore al 100%, ossia produce più di quanto consuma.

La percentuale italiana per il 2018 è poco inferiore al 34%, migliorabile certamente, ma superiore alla media EU che si attesta al 32%. Cipro ed Ungheria invece i Paesi che consumano meno green con una quota inferiore al 10%.

I dati sono promettenti per immaginare un futuro più pulito e per assicurare al nostro pianeta una vita più longeva. L’Italia sta tracciando un sentiero importante, sarà importante seguirlo!

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Redazione 1 Settembre 2020 0 Comments

Economia digitale e innovazione in Italia: lo stato dell’arte

di Giorgia Amato, Team Area Analytics 

 

L’emergenza sanitaria ha accelerato la trasformazione digitale delle attività economiche, nella Pubblica Amministrazione e dell’istruzione fornendo l’occasione all’Italia per divenire un paese più efficiente e maggiormente performante. Il valore strategico dell’innovazione e della digitalizzazione è centrale nell’agenda pubblica ed oggi la sfida è capitalizzare e valorizzare la trasformazione tecnologica avvenuta durante il lockdown in maniera strutturata, permanente ed inclusiva.

Il mercato digitale in Italia nel biennio 2017-2019 è cresciuto del 4.5%, più dell’economia nel suo complesso. È interessante verificare come si sono strutturati gli investimenti in innovazione e come l’Italia si è posizionata rispetto alla media dei Paesi EU. Le imprese italiane hanno innovato in percentuali maggiori della media EU in tutti i settori: in particolare più della metà delle imprese operative nel manifatturiero dichiarano di aver sviluppato o introdotto innovazioni di prodotto, servizio o processo.

 

Imprese (%) italiane che hanno dichiarato di aver introdotto e/o sviluppato almeno una innovazione di prodotto, servizio o processo per settore di impiego

 

 

 

 

 

I dati del 2018 raccolti dalla BEI (Banca Europea per gli Investimenti) mostrano che le imprese italiane stanno progressivament

e allineando la loro quota di investimenti al trend delle imprese europee. Inoltre, l’Italia supera la quota investimenti in ricerca e sviluppo europea per tutti i settori, il manifatturiero si attesta come il settore leader rimarcando il suo ruolo chiave per l’economia italiana. Circa gli investimenti in software, analisi dati e settore IT le imprese italiane seguono la tendenza europea, con l’eccezione del nostro settore dei servizi che investe invece in maniera più massiccia. L’area della formazione invece sembra essere quella maggiormente sofferente, le imprese infatti investono di sotto della media EU per tutti i settori analizzati.

 

Quota investimenti in Italia ed Europa per settore

 

 

 

 

La BEI propone l’indagine anche sulle prospettive future di investimento delle imprese. I dati confermano la maggiore propensione delle grandi e medie imprese all’investimento rispetto a quelle di piccole e micro dimensioni. Il rinnovamento di strutture esistenti, macchinari e servizi IT rappresenta l’area in cui si concentrano i maggiori investimenti, seguono le aree concernenti lo sviluppo di nuovi processi, prodotti e servizi e l’espansione di capacità di prodotti e servizi già esistenti. Le piccole imprese concentrano la quota di investimenti nello sviluppo di nuovi processi, prodotti e servizi al fine di aumentare la loro competitività. Tuttavia, la quota di imprese di piccole e micro dimensioni che dichiarano di non aver pianificato alcun tipo di investimento resta comunque preponderante.

 

Quota investimenti in Italia per area strategica e dimensione di impresa

 

 

 

Ma perché le imprese non pianificano investimenti?

Dal grafico di seguito emerge che il maggior vincolo alla pianificazione degli investimenti sembra essere proprio l’incertezza futura, che desta preoccupazioni a tutti i settori di impresa. Più di un’impresa su tre invece dichiara di sentirsi ostacolata dalla inadeguatezza delle infrastrutture e quasi 4 imprese su 10 invece sembrano non investire in quanto hanno difficoltà a trovare personale adeguato alle mansioni richieste. Anche la disponibilità economica gioca un ruolo chiave nella decisione di investimenti futuri per tutti i settori dell’economia.

 

Maggiori ostacoli agli investimenti di lungo periodo per settore di impiego

 

 

 

 

Dai dati emersi dalla survey condotta da BEI si evince che le imprese italiane stanno convergendo verso il comportamento di investimenti della media EU. Gli investimenti in innovazione e digitalizzazione favoriscono la competizione delle imprese e rappresentano dei settori strategici per il posizionamento del mercato italiano in ottica globale. Ma come si distribuiscono gli investimenti nel mercato digitale all’interno del nostro paese? Le mappe evidenziano la variazione percentuale degli investimenti nel mercato digitale dal 2017 al 2019 per regione e gli investimenti espressi in milioni di euro per l’anno 2019 e 2017. Le regioni che sono cresciute meno in termini di investimenti nel mercato digitale sono l’Abruzzo e le Isole, mentre quelle che hanno aumentato considerevolmente la quota di investimento sono la Lombardia e il Trentino Alto Adige. In termini assoluti il Molise e la Val D’Aosta sono le regioni che nel 2019 hanno investito meno, rispettivamente 228 e 146 milioni di euro, mentre la Lombardia e il Lazio si attestano sui livelli più elevati con 17.894 e 11.823 milioni di euro di investimento nel mercato digitale.

 

Investimenti nel mercato digitale per l’Italia per regioni (anni 2017 e 2019)

 

 

 

 

L’Italia complessivamente ha investito il 4.7% in più nel 2019 rispetto al 2017 nel mercato digitale, indicando dunque che innovazione e digitale rappresentano settori strategici nell’agenda pubblica italiana.

 

Valorizzare e strutturare gli sforzi derivati dalla gestione dell’emergenza dovuta alla pandemia globale, al fine di trasformare l’economia italiana, rinnovarla, nonché facilitare la convergenza digitale tra le regioni, saranno le sfide che ci aspettano nell’immediato futuro.

 

Fonte BEI (2019), elaborazione IWS Consulting

 

 

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Redazione 4 Agosto 2020 0 Comments

IWS primo Business Partner italiano di Stibo Systems, società specializzata in MDM

IWS Consulting primo Business partner italiano di Stibo Systems, società specializzata in Master Data Management.

 

Roma, 8/01/2020 – Stibo Systems, l’unica società specializzata in Master Data Management (MDM) trova in IWS Consulting il partner ideale per investire nel mercato italiano. Condividendo un approccio incentrato sul Business, focalizzato sulle persone e mantenendo inoltre la centralità dell’obiettivo culturale legato alla materia dell’Analisi dei Big Data.

 

«Vogliamo rafforzare la nostra missione e il nostro approccio alla materia degli analytics, introducendo questa innovazione presso quelle aziende che vogliono identificarsi con l’industry 4.0 – dichiara il General Manager IWS, Andrea Capitani – facendo notare come l’analisi dei dati più efficace non può prescindere dalla qualità del dato di partenza (Data Quality). Essere i primi a presentare questo approccio ci dà la possibilità di rendere disponibili ai nostri clienti in tempi brevi delle soluzioni all’avanguardia e uniche».

 

La partnership tra IWS e Stibo sarà caratterizzata da formazione continua affinché tutta la rete sales e pre-sales possa essere immediatamente un punto di riferimento per i progetti dei clienti. Inoltre, durante l’anno saranno organizzati eventi verticali, aperti al pubblico, nel quale verranno descritti possibili approcci per diverse Aree di Business, come BiM, banking, insurance, healthcare.

 

«Siamo davvero entusiasti di dare il benvenuto a IWS Consulting come nostro primo business partner in Italia. Il nostro obiettivo è quello di entrare in questo nuovo mercato selezionando partner di eccellenza che supportino la nostra presenza e la nostra crescita in EMEA – dichiara Christian Oertzen, Presidente EMEA di Stibo Systems – e IWS è sicuramente uno di questi. La combinazione vincente tra la soluzione di Master Data Management di Stibo Systems e la conoscenza di IWS in ambito MDM e Big Data Analytics, consentirà ai clienti di utilizzare al meglio i propri dati, potendo contare su una singola fonte dati di qualità ed un’unica piattaforma».

 

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Redazione 8 Gennaio 2020 0 Comments

“L’ARTE DI VALORIZZARE I DATI” – Evento 27 settembre 2019

Comunicato stampa

 

Quando l’analisi dei dati diventa l’arte di valorizzare i business aziendali.

 

IWS Consulting, azienda accreditata nel settore della consulenza informatica, il prossimo 27 settembre, con la partecipazione straordinaria di aziende internazionali specializzate sull’analisi del dato, organizza una tavola rotonda dal titolo “L’ARTE DI VALORIZZARE I DATI”.

 

Roma, 2 settembre 2019 – Tutti parlano dei Big Data, ma quante aziende sono davvero pronte e strutturate internamente da arrivare a valorizzare con l’analisi dati i propri business aziendali? Dall’esperienza maturata sul campo da IWS Consulting, pare che siano davvero poche.

Se consideriamo l’andamento del percorso di utilizzo del patrimonio dei dati in Italia, è comunque lusinghiero il numero di quelle che riescono ad intuire quanto sia importante organizzarsi in gruppi di lavori interni composti da professionalità eterogenee, per poter affrontare l’analisi dati e portare l’azienda a riconfermare il proprio core business, oppure a trovarne dei nuovi.

Il CEO Ettore Sangermano e il General Manager Andrea Capitani di IWS, dopo alcuni anni di consolidamento nel settore dell’ITSM, avendo investito sulla gestione dei dati in maniera consistente, oggi possono attestare la propria azienda nel campo dell’Analytics. Ed è su questa forte motivazione che si fanno promotori di un evento capace di portare alla ribalta il vero significato dell’analisi della quantità di dati prodotti, che oggi vengono identificati come il “nuovo petrolio”.

 

L’evento vedrà protagonisti il Senior Data Analyst di IWS, Alberto Marocchino, che farà luce sulla metodologia di analisi dati utilizzata in alcuni casi di successo; ed il Dott. Francesco Bargiacchi, CTO di IWS, che spiegherà cosa significa creare valore nell’era dei Big Data; come può un’organizzazione essere pronta a cogliere le nuove sfide e le nuove opportunità che si presentano utilizzando gli strumenti di Analytics.

 

Interverrà anche il Dott. Vincenzo Tursi, Data Science Evangelist di Knime, azienda tedesca leader nella produzione di software per il Machine Learning, il quale, considerando che i partecipanti all’evento saranno prevalentemente top manager, mirerà a tematiche di alto livello, come l’analisi predittiva e l’importanza della pulizia dei dati.

 

Ultimo intervento sarà quello del Dott. Richard Branch, General Manager di Semarchy azienda francese, ideatore di una piattaforma per il Master Data Management che concentrerà il suo intervento sui risvolti positivi dell’applicazione di un’unica piattaforma software per la governance, master data management, reference data e data quality.

 

PROGRAMMA

09:30 – Welcome Coffee 10:00 Introduzione – GM IWS Consulting Andrea Capitani
10:15 – Intervento IWS Consulting 11:00 Intervento Semarchy
11:30 – Intervento Knime 12:00 A&Q
12:15 – Saluti finali – CEO IWS Consulting Ettore Sangermano 12:30 Networking Area
13:00 – Light Lunch

14:30 Visita guidata “Passeggiata Barocca, sulle orme di Caravaggio” (90 minuti circa)

 

Per info e accrediti: a.tassone@iwsconsulting.it

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Redazione 2 Settembre 2019 0 Comments

GDPR per il settore dell’E-commerce: la rielaborazione dei dati in modo conforme alla norma.

Trattare il tema del GDPR per il settore dell’E-commerce: la rielaborazione dei dati grezzi atti a popolare i Data Warehouse in modo conforme alla norma.

 

Ad un anno dall’entrata in vigore del nuovo Regolamento per il trattamento dei dati, il team dell’Area Analytics di IWS Consulting, di concerto con l’Area Document Management ci spiegano l’approccio usato con il cliente.

 

Il 25 maggio 2018 è entrato in vigore il Regolamento UE 2016/679, noto come “GDPR” (General Data Protection Regulation), in materia di trattamento dei dati personali. Il GDPR si occupa del diritto alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.

 

Il Regolamento, tuttavia, non ha modificato in modo sostanziale i concetti e i principi fondamentali della legislazione in materia di protezione dei dati, come ad esempio il rispetto del diritto delle persone, la finalità del trattamento dei dati, la necessità e la proporzionalità del trattamento, la durata limitata, la sicurezza e la riservatezza.

 

Tra i nuovi principi introdotti, parimenti importanti, di seguito alcuni:

 

• Il principio di accountability (o principio di responsabilizzazione);

• La minimizzazione dei dati;

• Il diritto all’oblio;

• il diritto alla portabilità dei dati;

• La notificazione dei data breach al Garante e, in talune ipotesi, agli interessati.

 

Una delle conseguenze della declinazione del Regolamento europeo nella normativa italiana, naturalmente, è stato il repentino adeguamento che le aziende che acquisiscono e trattano dati personali, e soprattutto “particolari”, hanno dovuto effettuare per risultare compliant: tanti piccoli aggiustamenti relativi ai propri sistemi software. IWS Consulting, già attenta ai problemi della riservatezza e della sicurezza del trattamento del dato, si è volta alle nuove sfide del mercato lavorando a un progetto inerente la compliance del trattamento dei dati con il GDPR per una nota azienda internazionale, leader nel mercato dello shopping on-line e dell’informazione, coinvolta dall’adeguamento normativo.

 

La soluzione, incentrata su uno dei nuovi concetti introdotti dal GDPR, quello di Privacy By Design, ha previsto la programmazione di misure di protezione dei dati e delle relative applicazioni informatiche di supporto, partendo dalla fase di progettazione di ciascun processo aziendale.
In sintesi, i dati processati sono stati quelli indispensabili allo svolgimento degli obblighi professionali e l’accesso alle informazioni è stato limitato esclusivamente agli addetti allo svolgimento dell’elaborazione.

 

Tale progettazione è basata sui seguenti steps:

Superata la fase di progettazione, elaborata step by step in maniera sinergica con il Cliente, si è passato allo stadio successivo, quello applicativo. In pochi mesi il team dell’Area Analytics è riuscito a raggiungere l’obiettivo prefissato: una rielaborazione dei dati grezzi atti a popolare i Data Warehouse conformi alla normativa GDPR, anonimizzando i dati sensibili degli utenti e fornendo solamente le informazioni strettamente necessarie ai vari reparti aziendali. Effettuando tale reingegnerizzazione, inoltre, sono state apportate modifiche sul design progettuale, linearizzando e de-stratificando l’ambiente As-Is.

 

La soluzione implementata ha portato i seguenti vantaggi:

 

• Diminuzione del tempo di elaborazione;

• Migliori performance per gli utenti finali.

 

Per raggiungere tale obiettivo, è stato utilizzato il tool applicativo “Knime”, partner storico di IWS che, grazie alle sue funzionalità, sia in ambito ETL che B.I., ha consentito uno sviluppo lineare e leggibile dei flussi sviluppati. Il progetto, grazie alle sue scelte innovative, agli ottimi risultati ottenuti a livello di tempistiche di realizzazione, di risultati complessivi di realizzazione e di livello di soddisfazione del Cliente, è stato presentato come esempio di “buona pratica” all’evento ‘KNIME SPRING SUMMIT’, svolto lo scorso mese di marzo a Berlino.

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Redazione 22 Maggio 2019 0 Comments

Modernization of Data Analysis with Knime Analytics Platform

Modernization of Data analysis

 

of Diego Facchini, IT Director HSE24 Spa. and Marco Ragogna, Head of Pre Sales Iws Consulting srl.

 

Case History presented at Knime Spring Summit 2019, Berlin 18-22 March 2019

 

IWS Consulting is an Italian advisory company running efficiently a business unit dealing with Data warehouse, analytics and Big data projects since 4 years. HSE24 is a best of breed company in the retail television market. Originally grewn up in Germany, in this last decade has opened branches in many european country. Among them, HSE24 Italy is active since seven years, with a brilliant every year overachievement in expected sales that set HSE24 high in the chart of the most market interesting companies.

 

During this last year HSE24 Italy felt the need to address in a more rationalized way their approach to Data Analysis. Their previous existing environment suffered from stratification of different processes being implemented separately, and had several pains focused on specific elements like performances for final user, the need for a better organization of data governance and to respect new compliance rules for master data; furthermore there was a big push to reorder the business logic for the data integration flows and the deduplication of the relational entities involved in the environment.

 

Case History:

 

A new Data Analysis solution was redefined, designed and implemented, in order to not only have a more rationalized environment but also to be ready to move the focus of the platform from operational and descriptive analytics to a more statistical approach, the use of predictive analytics and machine learning. Knime Analytics Platform and Server were used as core element technology for the new implementation.

 

Added to IWS consulting methodologies and best practices, the final result brought a large number of benefits like:

– minus 30% reduced number of data jobs

– minus 40% on deduplication of preexisting entities

– minus 25% data integration and preparation execution timing

– satisfy the GDPR Compliance

– improve definitely the architecture of the solution

– ensure better performances to final users

 

Developement processes and deploying to production were managed through iterative ‘agile’ working cycles, combining in a single workgroup customer business knowledge and advisory consulting processes implementation. The new environment is now used for all the initiatives focused on prediction and machine learning.

 

Next steps:

 

More projects are starting over to improve business perspective for HSE24, covering all the main aspects of Bayesian statistics and machine learning, with many more use cases in roadmap. The latest initiatives focus on Market Basket Analysis, Unsupervised clustering compared to predefined clusters for Customers, prediction and classification for Programming, Buying and Sales.

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Redazione 22 Marzo 2019 0 Comments

Intervista ad Alberto Marocchino, nuovo Senior Data Analyst Iws

Stiamo crescendo! Le Business Unit Data Analitycs e Document Management, sono realtà aziendali che vanno ad affiancarsi all’anima storica di Infrastructure Management. Tutti i Team sono composti da professionalità di spessore, garanzia per il cliente di risultati ad alto valore aggiunto. Oggi diamo il benvenuto ad un nuovo componente della squadra, Alberto Marocchino!

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Redazione 25 Febbraio 2019 0 Comments