Lo stato delle imprese in Italia: uno sguardo regionale

Pronti a dare uno sguardo allo stato delle imprese in Italia?
Durante questo anno di pandemia ci è spesso capitato di parlare delle ricadute delle crisi sanitaria sul mercato del lavoro.
Ne abbiamo visto gli effetti soprattutto declinati sullo smart working, la necessaria ricerca di un equilibrio tra lavoro e svago in termini di tempo e di spazio e le differenze di genere riscontrate nella gestione del tempo, ma anche nell’accesso e nella percezione della tecnologia.
L’uscita recente del Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat ci fornisce alcuni dati per guardare più nell’insieme a quello che è successo in Italia in questo 2020.
Pare sia ancora troppo presto per tirare le somme circa gli effetti della pandemia sulle imprese italiane, tuttavia il rapporto ci mostra qualche dato davvero interessante.
Diamo un’occhiata attenta alla situazione italiana guardando alle differenze regionali.
Qualche regione più colpita o tutti sulla stessa barca?
Indubbiamente la pandemia ha colpito tutti con una grande pervasività, ma in maniera abbastanza eterogenea.
Il rischio è dettato chiaramente dal comparto produttivo di appartenenza e dalla dimensione dell’impresa.
I settori maggiormente colpiti sono stati:
- turismo;
- tessile;
- commercio e ristorazioni;
- attività culturali e sportive.
Imprese più piccole hanno sofferto di più gli effetti della pandemia. Mentre una migliore capacità di reazione si è registrata per quelle coinvolte nel settore tecnologico (ICT) e nel commercio internazionale.
L’Istat ha previsto una classificazione di imprese ed addetti in fasce di rischio, suddividendo in Alto, Medio e Basso rischio.
Il 48.5% delle imprese si trova nella fascia di rischio definita Alta, imprese per lo più collocate in regioni del Mezzogiorno (7), una sola regione del Nord (la provincia autonoma di Bolzano) e tre nel Centro. A soffrire maggiormente gli effetti della pandemia sono state la quasi totalità delle imprese dedicate ai servizi per la persona, oltre l’85% delle attività sportive e di intrattenimento e il 73% delle attività di abbigliamento.
Si conferma dunque, guardando all’aspetto puramente geografico, il dualismo che vede regioni del Mezzogiorno in maggiore sofferenza rispetto a quelle del Nord-Italia.
Guardando ad alcuni indicatori strutturali delle imprese calcolati per ciascuna regione, all’anno 2018, dunque prima della pandemia, le imprese del Mezzogiorno risultavano appartenere al quartile più basso per lavoratori nel settore high-tech, dimensione di impresa ed apertura verso l’estero.
Dunque lo svantaggio è anche dovuto alla struttura imprenditoriale che caratterizza le regioni del Sud-Italia.
E per quanto riguarda i lavoratori…
Un terzo dei lavoratori italiani è stato classificato come ad alto e medio-alto rischio. In 9 regioni, di cui 7 appartenenti all’area del Mezzogiorno, una al Centro e una al Nord Italia, la concentrazione sale in quanto è il 40% dei lavoratori ad essere considerato a rischio alto e medio-alto.
Se combiniamo le informazioni che abbiamo circa le imprese e i lavoratori vediamo che è ancora il Sud-Italia a registrare il maggior rischio. Sono cinque (sul totale di 6) le regioni del Mezzogiorno che registrano il maggior rischio operativo combinato.
Buone notizie!
Abbiamo visto che in Italia quasi la metà delle imprese viene considerata ad alto rischio, dunque imprese fragili e a rischio strutturale.
Tuttavia c’è anche un 11% di imprese solide, che sono responsabili di oltre il 46% dell’occupazione e di quasi il 69% del valore aggiunto.
Una buona notizia dunque, da cui ripartire e da cui acquisire fiducia nella nostra economia.