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Home Articoli L’Etiopia con gli occhi di un Senior Network Engineer
Articoli

L’Etiopia con gli occhi di un Senior Network Engineer

Redazione 6 Aprile 2017 0 Comments

“Ciò che mi rende orgoglioso è che il cliente ha fiducia nella mia professionalità”

Abbiamo intervistato il nostro Senior Network Engineer Sirio Carchedi che, nonostante la giovane età, ha un bagaglio di esperienze lavorative molto ampio in ambito Networking. In questo caso ci ha raccontato un aspetto importante della sua attività in Iws Consulting: le trasferte nelle sedi estere di un importante cliente.

Con quale spirito hai affrontato la prima trasferta avvenuta circa 3 anni fa e come ti prepari adesso dopo aver acquisito più anni di esperienza?

La mia prima trasferta risale al 2014. Confermarono la mia missione a maggio, soltanto un mese di anticipo rispetto la data di partenza prevista. Era stata concordata un’attività di 30 giorni in Etiopia presso un determinato cantiere, ma le cose poi andarono diversamente: tornai dopo 3 mesi, lavorando anche in un secondo cantire e presso un branch office di Addis Abeba. Che dire, ero stato assunto il 26 Febbraio e quando feci il colloquio sapevo bene che cercavano qualcuno disposto a fare le trasferte e che molto probabilmente la destinazione sarebbe stata l’Africa. Inizialmente, dopo aver trascorso un intero fine settimana a pensarci, decisi di rifiutare l’offerta. Ma colui che poi sarebbe diventato il mio capo, Ettore Sangermano, mi diede un altro pò di tempo per pensare e alla fine la voglia irrefrenabile di dare una svolta interessante alla mia vita prevalse e decisi di accettare. Non vi nascondo che se mi avessero parlato di mete europee sicuramente non avrei esitato così tanto. E’ ovvio che quando si parla di Africa affiorano nella mente le immagini peggiori che questo continente può evocare: guerre, malattie, attentati e quant’altro. Pensi solo in un secondo momento che il continente è grande e che le realtà sono per fortuna diverse, e che quindi è decisamente sbagliato pensare che l’Africa sia toltalmente penetrata da questo genere di situazioni. Nei giorni precedenti alla partenza mi confrontai con persone che avevano vissuto quei contesti svariate volte e tutti mi sembravano piuttosto sereni e me ne parlarono come un’esperienza sicuramente positiva e unica nel suo genere. Questo mi ha aiutato molto a vivere la fase di preparazione in maniera piuttosto tranquilla. Ricordo che mi dedicai molto a preparare una lista di cose da portare con me, ma alla fine mi ritrovai con una valigia piena di tante cose che avrei potuto lasciare sicuramente a casa… Da Maggio 2014 ad oggi conto 15 mesi totali di trasferte in Etiopia, 6 dei quali continuativi senza mai rientrare in Italia. Oggi le missioni non sono più motivo di preoccupazione; dal punto di vista prettamente emotivo le affronto con serenità e positività, conosco l’ambiente e le persone e so esattamente quali accortezze avere per non imbattermi in problematiche di qualsiasi natura. Per il resto invece evito di portare con me le cose superflue. Missione dopo missione ho buttato giù una lista che ho salvato nel mio laptop e che talvolta vado a consultare. Dopo tanti mesi fuori, mi unisco a chi prima del mio “esordio” ha espresso solo parole positive per raccontare questo genere di esperienza.

Cosa comporta immergersi nella vita di cantiere, soprattutto in questi paesi esteri?

Prima di rispondere a questa domanda va fatta una precisazione: non tutti i cantieri sono lontani dalle città, in alcuni casi sono all’interno delle stesse. Questo fattore influenza molto il tipo di vita che si svolge in caso di permanenza. Nella mia esperienza, ho lavorato in città solo due settimane, ad Addis Abeba per la precisione, il resto delle mie attività le ho sempre svolte in aree piuttosto isolate dove tuttora si stanno costruendo delle dighe. Lavorare in città significa poter fare una vita “simile” a quella che svolgiamo abitualmente in Italia, quindi dopo il lavoro poter uscire la sera e trovare più motivi di svago. E’ovvio che in certi paesi le città possono essere meno sicure, oppure offrire semplicemente meno cose, ma fortunatamente in Etiopia non esiste una vera e propria “emergenza Sicurezza”. Quando si lavora in cantieri più isolati la situazione è completamente diversa. Trattasi di vaste aree dalle quali non è possibile uscire autonomamente e dove tutti i punti di accesso sono presidiati, motivo per il quale la vita si svolge completamente all’interno del cantiere. Questo significa che dentro o fuori l’orario di lavoro si è obbligati a restare nell’area. Dal punto di vista psicologico questo non ti permette mai di staccare completamente la spina. In genere le giornate sono molto simili tra di loro e bisogna essere bravi a non subire il peso della routine. Il cantiere mette comunque a disposizione delle zone di svago, quali il “club”, il campo da calcio, la piscina, ma la giornata non scorre sempre come vorremmo, bisogna non pensare troppo alle cose che non si possono avere durante la permanenza. Personalmente ho grande spirito di adattamento e difficilmente mi ritrovo a pensare a qualcosa che vorrei fare pur essendo impossibilitato. Può sembrare un controsenso, ma in questi casi il lavoro è di grande aiuto perchè ti tiene occupato e ti distoglie da altri pensieri. Quando ho trascorso 6 mesi in Africa la sua magia mi ha raccolto e sono riuscito a trovare il giusto equilibrio tra le mie esigenze e tra ciò che il cantiere offre, senza subire troppo lo stress delle tante attività svolte. Alla fine posso dire che quei mesi sono volati via veloci…

Le trasferte sono state tutte uguali?

Assolutamente no! E non mi riferisco solo alle attività lavorative… la cosa che secondo me differenzia le diverse esperienze è la confidenza con l’ambiente: i primi tempi, nonostante mi sia trovato bene, subivo comunque il fatto di trovarmi in un ambito completamente diverso da quello consueto, oggi invece malgrado le sostanziali differenze, non provo alcun disagio.

Quale trasferta è stata più difficile e da quale punto di vista?

Può sembrare scontato, ma la trasferta più difficile è stata la prima. Anche se avevo raccolto le esperienze degli altri che mi avevano preceduto, solo vivere la missione in prima persona ha permesso che allontanassi ogni timore. Ricordo che dopo due settimane precise dal mio arrivo, all’improvviso fui colpito da un malore tanto che trascorsi 2 ore nella clinica allestita lì per le emergenze, attaccato ad una flebo… L’episodio ebbe ripercussioni sulla attività lavorativa che era complessa e doveva essere svolta in tempi risicatissimi.

Quanta differenza c’è tra ciò che il cliente indica come motivo della trasferta e quello che poi viene effettivamente fatto in cantiere?

Quando il cantiere richiede la presenza di un esperto IT in genere anticipa anche delle richieste ben precise, quindi di base esiste un protocollo concordato da seguire, ma spesso ci si trova a rispondere ad esigenze che nascono in corso d’opera e questo può influenzare i tempi di permanenza anche in maniera sostanziale. Per esempio, nella mia trasferta più lunga, quella che da 3 mesi previsti diventò di 6, venne consegnato del materiale che il cantiere attendeva da lungo tempo e quindi dovetti lavorare molto, studiare, e poi entrare nel merito delle soluzioni da applicare: configurare ed installare tutta una serie di apparati; fare le verifiche su tutte le funzionalità. L’esperienza quindi mi ha insegnato che dobbiamo essere sempre pronti a tutto e bravi a gestire le problematiche che sopraggiungono rispetto a ciò che il cliente indica come motivo della trasferta. Ciò che mi rende orgoglioso, oltre la possibilità di avere i miei meriti riconosciuti in azienda ed a prescindere dalla capacità di problem solving, è che il cliente ha fiducia nella mia professionalità e la dimostra facendo richiesta non solo dei servizi, ma anche indicando me come la risorsa che reputa più idonea alla missione. Questo tipo di rapporto con il cliente è molto importante e si crea solo se si è capaci di immergersi nel suo ambito lavorativo, senza standardizzare le consulenze o pensare che basti eseguire le attività indicate, ma producendo del valore aggiunto.

Dal 2013 ad oggi sono state svolte diverse missioni, nelle quali sono stati coinvolti più esperti del team interno ad Iws. Le traferte sono state fatte principalmente in Africa ed Asia. I servizi ict richiesti hanno riguardato tutti le aree aziendali (Service Desk, Operations, Sistemi e Network).
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cantieri dematerializzazione edile Engineer ict network operations service service desk sistemi smartworking
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